9 maggio 1978 ricordiamo l'assassinio del compagno Peppino Impastato.

Il 9 maggio 1978 veniva barbaramente ucciso Peppino Impastato, attivista politico, giornalista, comunista. Le circostanze del suo assassinio restano impresse nella memoria collettiva come un atto di violenza brutale perpetrato dalla mafia contro un uomo che aveva scelto di porsi dalla parte degli ultimi. Il suo barbaro omicidio su mandato dei boss mafiosi che non tolleravano più di essere sbeffeggiati e umiliati dal coraggio di Peppino non riuscì a soffocare la sua voce ribelle, la sua lotta per una società più giusta e solidale. Impastato comprese che la mafia non era (e non è tuttora) un fenomeno isolato, ma una manifestazione diretta del sistema economico in cui operava. La mafia, in alleanza con le classi dominanti e la borghesia locale, sfruttava la classe lavoratrice, controllava l'economia e influenzava la politica per garantire il proprio potere e il proprio profitto. Peppino si impegnò nella lotta per l'uguaglianza sociale e l'emancipazione dei lavoratori. La sua v

5 operai morti a Casteldaccia - Ancora morti sul lavoro, adesso basta!

 

 

È di poche ora fa la notizia dell'ennesima tragedia sul lavoro che, dopo la strage di operai della diga sul lago di Suviana del mese scorso e quella di Brandizzo di settembre 2023, colpisce - oggi - Casteldaccia (PA) dove cinque lavoratori sono morti dopo essere rimasti intrappolati nei cunicoli dell’impianto di sollevamento delle acque reflue dell’Azienda municipale acquedotti (Amap). Gli operai lavoravano per una ditta appaltatrice esterna.

Comincerà ora il solito balletto delle autorità, dei media e dei rappresentanti delle aziende che definiranno l'accaduto una fatalità, anzi, un incidente!

Riteniamo sia profondamente sbagliato dire che si è trattato dell'ennesimo incidente poiché con questo termine si è soliti indicare un qualcosa che succede quando i soggetti coinvolti non hanno valutato tutte le possibili situazioni che si sarebbero potute verificare o, peggio, che pur sapendo a cosa potevano andare incontro hanno comunque agito in modo imprudente.
È un'espressione che mal si adatta a descrivere quanto succede fin troppo spesso sui luoghi di lavoro e che tende a far ricadere le colpe in prima istanza sui lavoratori.
È la strategia mediatica perfetta per garantire il maggior livello di impunità agli imprenditori, agli appaltatori, agli enti pubblici, insomma, a tutti coloro che sfruttano il lavoro operaio con il solo fine del profitto, sollevandoli da ogni responsabilità.


Il sistema di subappalti (che il Governo Meloni ha potenziato) è una delle maggiori cause dello sfruttamento dei lavoratori che si vedono costretti a lavorare a ritmi inaccettabili, con poche tutele, basse retribuzioni e contratti precari. Un sistema di scatole cinesi che pesa sulle spalle della classe lavoratrice lasciando a padroni e padroncini la maggior parte dei guadagni.

È indubbio che le imprese, al fine di massimizzare i profitti, debbano tagliare da qualche parte e cosa c'è di meglio che agire sulla sicurezza dei lavoratori? Le morti sul lavoro sono causate dalla mancanza di sicurezza nei luoghi di lavoro che si attua, tra le altre cose, trascurando una fase essenziale: la formazione dei lavoratori! Questo passaggio, unitamente alle prescrizioni di sicurezza e alla fornitura di DPI adeguati, deve rappresentare una tappa obbligatoria e non deve essere una fase opzionale a discrezione dei padroni.

L'attuale sistema economico è marcio, sfrutta, opprime e uccide i lavoratori sacrificandoli per il profitto. Dobbiamo smettere di subire passivamente e dobbiamo reclamare a gran voce i nostri diritti recuperando consapevolezza del ruolo che abbiamo nella società (quella che un tempo era nota come coscienza di classe).

È ORA DI DIRE BASTA!