Pubblicato il
25aprile
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Le immagini delle manganellate ai danni degli studenti di Pisa durante la manifestazione pro Pαlεstιnα di venerdì scorso sono sotto gli occhi di tutti e se per tanti, troppi, quei colpi hanno avuto una funzione pedagogica, per noi non è così.
Siamo sdegnati (ma non meravigliati) dalla veemenza con cui i poliziotti, uomini adulti, si sono scagliati contro un gruppo di studenti adolescenti inermi, chiaro sintomo di una crescente sensazione di legittimità da parte delle stesse forze dell'ordine a reprimere con violenza qualsiasi tentativo da parte delle forze di classe (studenti, lavoratori, disoccupati) di alzare la testa per i propri diritti e contro sfruttamento, guerra, repressione e omologazione culturale.
Meno chiara è la situazione riguardante l’industria bellica italiana.
L’Italia, infatti, è uno dei principali partner dello stato d’Isrαεlε e contrariamente a quanto affermato dal governo Meloni, che ha assicurato il blocco dell'export di armi e munizioni dopo il 7 ottobre 2023, dalle statistiche del commercio estero elaborate da Istat risulta che negli ultimi mesi del 2023 sono state esportate armi e munizioni verso Tel-Aviv per poco meno di un milione di euro su cui però il governo si rifiuta di fare chiarezza in barba al principio della trasparenza amministrativa.
Inoltre, nei sottocapitoli dell'Istat sono stati oscurati i dati – cosa che fa molto riflettere - che riguardano le armi ad uso militare e i dati complessivi non ricomprendono eventuali altri materiali per uso militare come elementi per aerei e mezzi terrestri.
Non dimentichiamoci che i cannoni utilizzati dalla marina Israeliana per bombardare Gαzα sono della Oto-Melara (controllata Leonardo e quindi dallo stato italiano) e che i piloti dei bombardieri Isrαεliαni sono addestrati grazie alla partneship militare con l'Italia e allo scambio di tecnologie.
La guerra permette alle grandi imprese dell’industria bellica di aumentare i profitti in modo esponenziale, non solo grazie alle esportazioni ma anche grazie all’aumento delle spese militari interne, gli utili di aziende di stato come la Leonardo sono aumentati del 59%, di Alenia (controllata Finmeccnica) + 14% ma anche altre aziende come Iveco Difesa hanno avuto incrementi del 13% o Beretta Holding del 6%; tutto questo ricade, con un carovita sempre più crescente, sulle spalle dei lavoratori e delle famiglie italiane a causa di un’inflazione del +8%.
Dunque da una parte abbiamo gli interessi delle grandi industrie gestite da pochi uomini che grazie alla potenza economica di cui dispongono influenzano i governi muovendoli come pedine (che chiameremo imperialismo), dall’altra interi popoli massacrati e sacrificati sull’altare del profitto, famiglie vessate dal carovita, lavoratori sfruttati, proteste di piazza represse nel sangue e un’informazione di regime che confonde e mistifica la realtà dei fatti.
Lottare contro l’imperialismo significa lottare contro coloro che ci sfruttano, ci affamano e che traggono profitto dal massacro dei popoli.
Lottare contro questo sistema economico marcio e corrotto riguarda tutti noi, è una questione politica (e di classe direbbe Marx), è una questione ormai non più rimandabile, ne va del nostro futuro.