Repressione, violenza, interessi padronali: è questo il futuro che vogliamo per la nostra Calabria?

  Abbiamo assistito increduli (ma non sorpresi) al video che immortala la violenta aggressione, avvenuta a Cosenza, portata avanti dalle forze dell'ordine nei confronti di Gabriele Carchidi, direttore della testata giornalistica Iacchitè. Ci siamo detti "Increduli ma non sorpresi" perché ormai l'aumento dell'uso intimidatorio delle forze dell'ordine, nei confronti di chi si permette di intralciale gli interessi padronali o anche semplicemente di denunciare le ingiustizie sociali di cui tanti, troppi sono vittime ogni giorno, sta diventando una pericolosa routine. In questi anni - anche prima del governo Meloni - abbiamo visto studenti manganellati senza motivi, lavoratori in sciopero aggrediti da squadristi senza alcun intervento delle forze di polizia, decine e decine di denunce senza fondamento contro manifestanti in tutta Italia. In questo quadro di attacco frontale e totale nei confronti delle forze sociali organizzate anche il contesto cosentino non è da ...

Peppino Impastato, tocca a noi tutti, oggi, continuare a far vivere il suo coraggio e le sue idee di uguaglianza e giustizia

 


Un folle articolo de “Il Corriere della Sera” raccontava così la tragica morte di Peppino Impastato:
"La notte tra lunedì e martedì, terminata la trasmissione, con una poderosa carica di esplosivo in borsa, Giovanni Impastato si è recato sulla linea ferroviaria. Era sua intenzione divellere i binari e, nel mettere a punto l'ordigno, è saltato in aria come Feltrinelli?
L'ipotesi del suicidio si fonda invece sul rinvenimento in casa del giovane di un biglietto che secondo il fratello sarebbe sicuramente di suo pugno...".
 
Questo è un esempio delle congetture dell'epoca. È stato fin troppo facile tacciarlo di terrorismo e sollevare il dubbio che stesse preparando un attentato contro lo Stato piuttosto che guardare in faccia la realtà.
Peppino Impastato era un giornalista e un conduttore radiofonico sulle frequenze di Radio Aut, la radio libera di Terrasini, dalle quali denunciava i loschi affari della mafia in un periodo in cui le radio libere andavano diffondendosi. Ma Peppino Impastato era soprattutto un “rivoluzionario e militante comunista”, come riporta l'epitaffio sulla sua lapide e come testimonia il suo supporto alle battaglie dei disoccupati e dei contadini quando quest'ultimi lottavano per non vedersi espropriati dei propri terreni che erano stati destinati a diventare la sede di una pista dell'aeroporto di Palermo, nel comune di Cinisi, dove Peppino era nato.
 
La notizia della sua morte passò quasi inosservata nel giorno in cui fu ritrovato il corpo di Aldo Moro e ne è prova il fatto che tante persone che nel 1978 erano già grandi abbastanza da poter avere dei ricordi, sanno dire con precisione cosa stessero facendo quando si è diffusa la notizia del ritrovamento del corpo di Moro in via Caetani a Roma ma non serbano lo stesso legame con l'annuncio della morte di Peppino Impastato.
 
Tocca a noi tutti, oggi, continuare a far vivere il coraggio e le idee di un uomo che aveva posto di traverso agli interessi mafiosi e della democrazia borghese, spesso con essi collusa, i propri ideali e la propria visione di una società diversa, basata sull'uguaglianza e la giustizia sociale.