5 operai morti a Casteldaccia - Ancora morti sul lavoro, adesso basta!

    È di poche ora fa la notizia dell'ennesima tragedia sul lavoro che, dopo la strage di operai della diga sul lago di Suviana del mese scorso e quella di Brandizzo di settembre 2023 , colpisce - oggi - Casteldaccia (PA) dove cinque lavoratori sono morti dopo essere rimasti intrappolati nei cunicoli dell’impianto di sollevamento delle acque reflue dell’Azienda municipale acquedotti (Amap). Gli operai lavoravano per una ditta appaltatrice esterna. Comincerà ora il solito balletto delle autorità, dei media e dei rappresentanti delle aziende che definiranno l'accaduto una fatalità, anzi, un incidente! Riteniamo sia profondamente sbagliato dire che si è trattato dell'ennesimo incidente poiché con questo termine si è soliti indicare un qualcosa che succede quando i soggetti coinvolti non hanno valutato tutte le possibili situazioni che si sarebbero potute verificare o, peggio, che pur sapendo a cosa potevano andare incontro hanno comunque agito in modo imprudente. È un'espr

25 Aprile. Festa della Liberazione libera da ogni ipocrisia.

 


Gli esponenti del governo più a destra della storia dell'Italia repubblicana, con le loro infami esternazioni, stanno rendendo incandescente questo 25 Aprile. Sempre più spesso negli ultimi anni la Festa della Liberazione è stata caratterizzata, da ambo le parti (centro-destra, centro-sinistra), da grande strumentalizzazione e ipocrisia a cui noi, nel nostro piccolo, tentiamo di sottrarci per evitare di finire nel grande calderone del siamo tutti dalla stessa parte, del “dufemi mirë” ad ogni costo e dell’antifascismo politicamente edulcorato con il solo scopo di mettere tutti d’accordo senza se e senza ma.

A uno sguardo superficiale le sortite sugli anziani bandisti di Bolzano - del tutto “accidentalmente” militari in forza all'esercito di occupazione nazifascista - della seconda carica dello stato Ignazio La Russa o quelle del cognato della presidente Meloni, Lollobrigida, sulla sostituzione etnica di ispirazione Goebbelsiana sembrerebbero essere legate a sciatteria, ignoranza, poco senso delle istituzioni o fatalità. Tuttavia, questi fraintendimenti - a cui goffamente sull'onda dell'indignazione popolare gli stessi tentano di porre poi rimedio - sono tutto fuorché casuali. Non lasciamoci trarre in inganno, c'è perfetta consapevolezza nelle dichiarazioni e nelle posizioni espresse.
Il substrato culturale che ha generato tutti i vari movimenti ex-post-neo fascisti è il medesimo in cui sono cresciuti i vari esponenti del partito della Meloni (da La Russa al sempre squittente Donzelli, passando per i vari Melloni, Lollobrigida, Rampelli...) ed è costituito da tutte quelle formule identitarie, nazionaliste, sovraniste che garantiscono ascolto e attenzione per chi è stato cresciuto in questo brodo culturale ovvero per quella parte dell'elettorato più reazionaria e impresentabile che potrebbe sentirsi disprezzata dai camerati istituzionalizzati.

Diversamente, nel caso in cui il risentimento, l'indignazione dovessero raggiungere dei livelli di guardia si è sempre pronti a negoziare, tutto nel rassicurante solco del «Sono stato frainteso», di berlusconiana memoria; ma l'importante comunque è che se ne parli al fine di sdoganare certi atteggiamenti che fino a pochi anni fa incontravano il disprezzo di tutti.
È per questo che si parla oggi di sostituzione etnica, in modo che quando in un prossimo futuro si sarà parlato di “semplice” difesa dell'italianità si considererà una vittoria la creazione di corsie preferenziali per noi “veri” italiani (come nel caso dell'assegnazione delle case popolari); è chiaro che quando si parla di vigliaccata da parte degli eroici gappisti per l'attentato di via Rasella o di partigiani terroristi si punta a depoliticizzare la guerra di liberazione, cercare di far passare l'idea che sotto sotto fasci repubblichini e partigiani comunisti erano uguali. 


Amaramente bisogna ammettere che questa lunga guerra di logoramento sta dando dei risultati:
da anni ormai è in atto un lento e inesorabile tentativo di “normalizzazione” del 25 aprile anche, se non principalmente, da parte delle forze di centro-sinistra, socialdemocratiche e riformiste.
Una normalizzazione che attecchisce sempre di più portando a pensare alla Festa di Liberazione come qualcosa di avulso dalla politica, propugnando con forza la parola libertà come un feticcio sotto il cui ombrello tutti possano ripararsi quando invece è proprio nella politicizzazione della festa, nell’analisi politica di quei fatti e nel ricordo del sacrificio dei partigiani, per un ideale fatto di uguaglianza e diritti sociali, che si trova la vera essenza della liberazione.

È dunque lecito pensare che la Festa della Liberazione sia divisiva? Sì, se si è fascisti, razzisti, indifferenti o revisionisti allora il 25 aprile è sicuramente divisivo.

Festeggiare il 25 aprile non significa semplicemente celebrare la libertà in senso stretto piuttosto vuol dire onorare i valori che la Resistenza ha rappresentato in un momento fondamentale nella storia in cui le classi lavoratrici, insieme alle masse popolari, hanno preso in mano il loro futuro e hanno rovesciato il sistema fascista reazionario, con l’idea di creare una società diversa basata sull'uguaglianza, i diritti sociali e la pace tra i popoli ripudiando la guerra in tutte le sue forme.


Il partigiano Lungrese Nicola Cortese


Viva la Resistenza! Onore ai Partigiani!
Viva il 25 Aprile!