Calabria 2025. Collettivo Stipaturi: “Nel centrosinistra quanta miseria umana e politica”

   La sanità come azienda? È una contraddizione in termini. Non ci può essere profitto sulla salute! Le elezioni regionali sono piombate tra capo e noce di collo ai calabresi e hanno mandato in fibrillazione tutto il centrosinistra in cui i soliti noti hanno cominciato con i classici giochini per portare acqua al loro mulino millantando, come sempre, una nuova verginità politica. Si utilizza il dramma della sanità in Calabria semplicemente per provare ad entrare in Consiglio Regionale , senza alcuna volontà di mettere in discussione il blocco di potere politico-affaristico-mafioso che governa da decenni e trasversalmente la Regione. Con la solita retorica-fuffa all’americana: chi non vota centrosinistra fa vincere la destra (sic!) , arrivando a candidare in lista i padroni della Sanità Privata e transumanti consiglieri regionali del centrodestra! Quanta miseria umana e politica. Invece di proposte Berlusconiane acchiappavoti, per di più non di competenza regionale, cosa si pr...

La Posta del cuore del Collettivo: lettera di un cittadino sui problemi della sanità calabrese.

 


🔴Mentre maggioranza e minoranza discutono su dove sia meglio piantare gli alberi 🌳e considerano la querelle sul parcheggio🅿️ davanti alla farmacia una battaglia fondamentale per la tutela del diritto alla salute bla bla bla... Noi inauguriamo la Posta del cuore di Stipaturi.
 
Riceviamo e pubblichiamo quanto segue⬇️
 
"Prima mattina, in fila allo sportello del cup.
Mi precedono tre persone, anche loro con in mano una richiesta di salute e dignità che viene sempre più frequentemente calpestata e temo che anche questa volta non ci saranno eccezioni.
La prima persona è un uomo, si avvicina allo sportello, necessita di un esame diagnostico, fa passare il suo foglietto rigurgitato da una stampante sotto il vetro che separa lo spazio della burocrazia che non vuole sentire ragioni da quello di chi la ragione ce l'ha. In mezzo, l'operatore che cerca una possibile risposta all'istanza, responso: “Non ci sono posti liberi, se ti serve con urgenza dovresti rivolgerti al privato, 350 euro, altrimenti prova a passare la settimana prossima”. L'uomo ci pensa su due secondi e decide di girare la ruota della fortuna la prossima settimana. 
 
La mano passa al prossimo concorrente. Un uomo con una richiesta cosiddetta “breve”, di quelle che devono essere soddisfatte entro 10 giorni. Miracolo, c'è il posto! Su Plutone, però. Chilometri da macinare, a stomaco vuoto e vescica piena per una “banale” ecografia. Comodo, non c'è che dire.
 
È il turno di una signora. Mentre eravamo in fila mi dice che deve prenotare una risonanza magnetica per il marito. Ha provato a prenotarla presso un centro privato convenzionato di Rossano (va per la maggiore negli ultimi anni e ancora nessuno mi ha spiegato come sia possibile prenotarsi lì anche tramite cup, boh!) ma le hanno risposto che hanno finito i soldi stanziati dalla regione ed è possibile prenotarsi solo in regime privato alla modica cifra di 300 euro. Per poter prenotare la prestazione in convenzione deve aspettare almeno gennaio, quando la regione erogherà altro denaro. Gli operatori del centro privato, però, le hanno lasciato una possibilità, «come sono umani loro!»: provare a far chiamare direttamente lo sportellista del cup. “Massì, prostriamo del tutto il settore pubblico al privato, che c'importa! Che criminali! Hanno la faccia come il culo!” è il pensiero più profondo che riesco a formulare nella mia usuale radiosità mattutina. L'operatore del cup si stranisce alla particolare richiesta della signora e rifiuta ogni tipo di coinvolgimento. “Meno male, l'onore è salvo” penso, mentre mi avvio verso lo sportello.
 
Ora, io non so a quanto ammonti esattamente il nostro grado medio di abitudine a situazioni del genere ma immagino sia alto, altrimenti non mi spiego come sia possibile innanzitutto riuscire a sopportare l'idea di essere solo dei numeri che i signori del privato si possono giocare a turno con le gerarchie di governo, sicuri della vittoria in ogni caso e, in secondo luogo, non mi è chiaro quando abbiamo smesso di lottare per affidarci totalmente agli atti formali delle istituzioni, le stesse che – talvolta - rappresentano il problema piuttosto che la soluzione.
 
Quando ci siamo disabituati alla lotta vera delegandola alle istituzioni e assuefacendoci ancora di più alle iniquità e al disagio di non avere ciò che ci spetta di diritto?"