Repressione, violenza, interessi padronali: è questo il futuro che vogliamo per la nostra Calabria?

  Abbiamo assistito increduli (ma non sorpresi) al video che immortala la violenta aggressione, avvenuta a Cosenza, portata avanti dalle forze dell'ordine nei confronti di Gabriele Carchidi, direttore della testata giornalistica Iacchitè. Ci siamo detti "Increduli ma non sorpresi" perché ormai l'aumento dell'uso intimidatorio delle forze dell'ordine, nei confronti di chi si permette di intralciale gli interessi padronali o anche semplicemente di denunciare le ingiustizie sociali di cui tanti, troppi sono vittime ogni giorno, sta diventando una pericolosa routine. In questi anni - anche prima del governo Meloni - abbiamo visto studenti manganellati senza motivi, lavoratori in sciopero aggrediti da squadristi senza alcun intervento delle forze di polizia, decine e decine di denunce senza fondamento contro manifestanti in tutta Italia. In questo quadro di attacco frontale e totale nei confronti delle forze sociali organizzate anche il contesto cosentino non è da ...

Lea Garofalo: una madre contro la 'ndrangheta

Raccontare le storie di mafia non è mai semplice. Non è solo una questione di cronaca, ma soprattutto evitare il rischio di esaltare i criminali. Ad esempio in Calabria, soprattutto nelle zone di maggiore insediamento delle 'ndrine, fasce abbastanza ampie della popolazione locale sono in qualche modo vicine ai criminali, vuoi per una sorta di falsa tradizione (la 'ndrangheta, dimostrando di possedere capacità di marketing avanzate ben prima che si potesse parlare di marketing propriamente detto, ha diffuso la falsa idea di essere la diretta discendente del brigantaggio), vuoi per una risposta più rapida ai problemi della gente rispetto allo stato, vuoi per il forte, quasi oppressivo senso della famiglia che permea la società calabrese.
In questo senso la vita di Lea Garofalo è emblematica: la giovane si lega, infatti, a Carlo Cosco che rappresenta il sogno di andare via da Petilia Policastro e dalla Calabria, di abbandonare la sua famiglia mafiosa, tipica rappresentante di quella società tradizionalista che è quella della provincia calabrese.
Questo desiderio di fuga prima e il forte istinto materno che, poi, la porterà ad allontanarsi e quindi a denunciare Carlo, padre della figlia Denise, viene ottimamente reso da Ilaria Ferramosca e Chiara Abastanotti in Lea Garofalo. Una madre contro la 'ndrangheta.
Lo stile della Abastanotti, molto vicino nel tratto a Marjane Satrapi, risulta efficace soprattutto grazie alla scelta di pubblicare le matite senza alcuna inchiostratura. Questa scelta permette un uso delle sfumature efficace sia nelle scene più oppressive sia in quelle più evocative.
D'altra parte la ricostruzione realizzata da Ilaria Ferramosca si muove su un doppio binario narrativo: da un lato una sorta di inchiesta giudiziaria narrata dalla voce dei protagonisti, Denise su tutti, come se questi venissero interrogati, dall'altro il racconto romanzato degli episodi chiave della lotta di Lea Garofalo contro la 'ndrina dell'ex-compagno.
Nel complesso un libro ben scritto sebbene non semplice da leggere, non solo per l'argomento trattato, ma anche per la scelta di modificare in alcuni punti lo stile della narrazione, passando da una lettura classica ad alcune pagine in cui le testimonianze e gli episodi di riferimento sono inseriti nella stessa pagina su due colonne che scorrono in parallelo dall'alto in basso. Non sempre in queste pagine la lettura in colonna risulta efficace, mentre la lettura classica destra-sinistra sembra più utile rispetto a quanto suggerito dalla struttura della griglia.
Ad ogni buon conto resta una storia da leggere e conoscere, anche sotto forma di un fumetto realizzato innanzitutto con il cuore.