Controstoria delle Calabrie

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Arrabbiato da una parte con i calabresi per la loro inazione e dall'altra con gli studiosi per avere una visione distorta (o troppo ottimistica o troppo pessimistica) della Calabria, Ulderico Nisticò decide di scrivere un libro, che egli stesso avverte comunque essere non esaustivo e dettagliato, nel quale provare a narrare una storia quanto più obiettiva delle Calabrie, perché a un certo punto della sua storia la regione venne distinta in due sottoregioni, la Calabria ulteriore e quella citeriore.
Il libro si suddivide sostanzialmente in due parti, una storica, che diventa una lunga corsa di fatti e avvenimenti (forse unico difetto sono gli elenchi di luoghi, nomi, persone che si incontrano ogni tanto, soprattutto all'inizio) con alcuni commenti arguti e interessanti sia contro i francesi sia contro i piemontesi; e una seconda parte con tutto il resto, dalla geografia, alla politica, alla filosofia (sia quella alta sia quella popolana) per tracciare un quadro della Calabria quanto più completo, sempre con quel... controspirito che caratterizza l'intero libro e che caratterizzava lo stesso autore quando, nell'estate del 2009 se non erro, era diventato un presenzialista delle televisioni locali, dimostrandosi l'Odifreddi calabrese.
A differenza di Odifreddi, Nisticò non ha nella Chiesa cattolica il suo obiettivo, ma un più concreto tentativo di dare una sveglia alla sua regione, tentativo nel quale forse nemmeno egli stesso crede completamente, nonostante il piccolissimo ottimismo con cui conclude il libro. D'altra parte la Calabria di oggi sembra avere ereditato parte dello spirito della Magna Grecia: molte delle colonie degli antichi greci, infatti, si trovavano tra le coste calabre e quelle sicule, e infatti uno dei più illustri scienziati del tempo, Pitagora, è considerato un calabrese.
Pitagora, fondatore di una vera e propria setta basata sulla matematica (quella che conoscevano a quel tempo, ovviamente), noto per la famigerata tavola pitagorica, è solo uno dei tanti illustri calabresi su cui Nisticò si sofferma. Si possono ricordare il calabrese d'adozione Giovanni Castriota detto Scanderberg, la cui figura è molto nota nei paesi arberesch presenti nella nostra regione (la comunità albanese è stata una delle più presenti in Calabria nei flussi migratori che hanno portato moltissime persone a cercare fortuna qui da noi, al tempo in cui la Calabria e l'Italia erano le Americhe del mediterraneo, per usare un'espressione moderna); o ancora, dalla ricca epoca che va dal XV al XVII secolo, Giovanni Paolo Parisio, fondatore dell'Accademia Cosentina; Bernardino Telesio, forse il più noto filosofo calabrese, al suo tempo uno dei più illustri d'Europa, tanto da influenzare gente come Bacon, Hobbes e l'altro calabrese Tommaso Campanella; Francesco Sambiasi, religioso della Compagnia di Gesù, che andò alla scuola astronomica cinese fondata da padre Matteo Ricci; Luigi Lilio, astronomo i cui calcoli furono alla base della riforma del calendario gregoriano (così come Sambiasi riformò il calendario cinese); tra i pittori, anche se ricordati e non approfonditi, c'è il famoso Mattia Preti, oltra a Francesco Cozza di Stilo e tanti altri inclusi alcuni condottieri, come ad esempio Guglielmo e Florestano Pepe. Tra gli assenti, invece, si conta Giovanni Battista Amici, coevo di Bernardino Telesio, il cui lavoro sul sistema solare fu importante per il sistema di Copernico, suo maestro.
La Calabria, ad ogni modo, fu terra di guerre (e questo, purtroppo, non l'abbiamo dimenticato: leggi le faide familiari che hanno insanguinato buona parte della storia recente): si combattè tra le varie città stato al tempo della Magna Grecia, contro i romani, contro i pirati, contro i borboni e contro i francesi (a tal proposito si ricorda l'esercito popolare formato dal cardinale Fabrizio Ruffo nel 1799) e ovviamente anche contro i piemontesi. Vediamo, però, come francesi e piemontesi hanno influenzato la società calabrese.
Innanzitutto dal punto di vista politico: il sistema elettivo/di governo calabrese in particolare e italiano in generale è stato influenzato da quello esportato da Napoleone Bonaparte e creato durante la rivoluzione francese (il primo caso di esportazione della democrazia della storia moderna); poi i piemontesi, molto probabilmente per evitare la concorrenza di un meridione anche industrialmente avanzato che aveva ricevuto negli anni un più o meno costante flusso di immigrati (alcuni giunti con le guerre, ad ogni modo), oltre a imporre il proprio modello politico, sociale e militare, svuotò le campagne con l'obbligo di leva e probabilmente chiuse più di un occhio di fronte ai calabresi democratici che si andarono ad accaparrare la terra, senza però sapere come farla fruttare. Inizia, così, dopo l'Unità d'Italia una netta divisione tra i calabresi che emigrano fuori dalla regione, e che non sono solo gli studiosi, come era stato fino ad allora, ma anche semplici contadini che non trovano più modo di lavorare e hanno o la scelta di andare nei grandi centri urbani (che spesso avevano delle strade migliori di quelle del nord: ciò che forse difettavano erano i collegamenti interni, in una regione che dal punto di vista geografico ha sempre incentivato le divisioni di parrocchia) o di emigrare; e poi ci furono coloro che iniziarono ad opporsi, come da tradizione, al nuovo padrone inteso come conquistatore.
Nascono i briganti, che non ci mettono molto a diventare criminali veri e propri, dando così origine alle 'ndrine e al movimento criminale noto come 'ndrangheta.
Una regione che da un lato è chiusa dalla criminalità organizzata che ne impedisce lo sviluppo, visto che è più conveniente investire in altre zone d'Italia e d'Europa (e ovviamente rende difficili gli investimenti agli estranei, visto che la Calabria è casa sua), e dall'altro è chiusa da una classe politica sempre più senza alcuna autorevolezza, più interessata a mantenere il potere politico sulla regione che non ad affrontare i problemi del territorio.
Nisticò prova a trovare un briciolo di ottimismo da questo calderone, dentro cui i calabresi moderni bollono senza alcuna reazione (un po' come i greci alla caduta del loro splendore militare e culturale), e usa il dialetto.
Personalmente ripongo, invece, la mia fiducia in quei calabresi che stanno cercando di uscire fuori dal rumore, gente come Peppe Liberti, Lucia Marino, Enrico Natalizio, Salvatore Fazio, e altri che ho conosciuto (di persona o su web), persone preparate che rendono onore innanzitutto a se stessi e poi a coloro che gli stanno intorno.