Alle radici del calcolo automatico

"Euclide. Giornale di matematica per i giovani" è una rivista bimestrale dove vengono ristampati articoli usciti su storiche riviste di matematica, o contributi originali di professori, insegnanti e studenti delle scuole superiori. Nel sommario dell'ultimo numero del 2012 ci sono ben tre articoli provenienti da altrettante scuole calabresi. Poiché il 2012 è stato l'anno di Turing, oggi vi segnalo "Alle radici del calcolo automatico" (pdf), articolo scritto dagli studenti delle classi IV – V B del corso ITC Programmatori Mercurio - IIS "A. Guarasci" sez. ITC di Rogliano (Cs), coordinati dalla prof.ssa Rosa Marincola
Il primo ausilio artificiale al calcolo è il calculus, in latino 'pietruzza', 'ciottolo'. Le pietruzze erano collocate sulla sabbia o su supporti trasportabili come una tavoletta, su linee successive rappresentanti i diversi ordini. 'Digitale' deriva da dito. Le dita delle mani possono indicare i numeri in maniera anche molto sofisticata. Dal Summa de Arithmetica di Luca Pacioli(1), 1494:
La parola 'abaco' deriva dal greco abaks, a sua volta preso dal semitico abaq, 'sabbia' o 'polvere'.
  • abaco babilonese (2000 a.C.)
  • abaco greco (VI sec. a.C., menzionato da Demostene)
  • tavoli di Salamina (300 a.C.)
  • scacchiera cinese (200)
  • apices (gettoni di corno romani, 500)
  • Quipu inca (1000)
  • Swan pan (abaco cinese, 1200)
  • Soroban (abaco giapponese, 1500)
  • Schoty (abaco russo, 1600)
Dopo la caduta dell'Impero Romano d'Occidente la tradizione del sapere matematico greco fu conservata dagli arabi, a cui dobbiamo le cifre che usiamo oggi e il concetto di zero. Il matematico arabo Muhammad ibn Musa Al-Khwarizmi (Mohamed figlio di Moses nativo di Khowarizm, oggi Khiva, Uzbekistan) scrive attorno all'825 un libro di compendio sul calcolo mediante costruzione e riduzione, intitolato 'al-Kitàb al-mukhtasar hisab al-jabr wa'l-muqàbala'. L'opera di Al-Khwaritzmi descrive in modo formale e generale le regole per eseguire le operazioni sulle rappresentazioni decimali dei numeri interi, coniugando l'approccio babilonese (algebrico), di tipo pratico, e l'approccio euclideo (geometrico), di tipo formale.
I primi esempi di algoritmi . . . risalgono ai primordi della matematica. Sia la formula algebrica babilonese per la risoluzione dell'equazione di secondo grado, sia le costruzioni geometriche greche con riga e compasso, posseggono infatti quelle proprietà di calcolabilità e costruibilità presenti nel titolo del libro di Al Khwarizmi, e caratteristiche della nozione di algoritmo (Odifreddi 2003:239).
L'opera di Al-Khwaritzmi fu divulgata in occidente da Leonardo da Pisa, Filius Bonacci, figlio di Bonaccio, da cui 'Fibonacci', nel Liber Abaci (1202), in cui introduce in Europa le cifre arabe, l'abaco, la partita doppia, e naturalmente i numeri di Fibonacci. Il nome Al-Khwaritzmi fu latinizzato in algorismus da cui la parola 'algoritmo'. Dalla parola 'al-jabr' del titolo del libro arabo deriva il nostro termine algebra. Entrambi i termini li dobbiamo a Fibonacci.
Il resto sul pdf
(1) In effetti nel documento pubblicato su Euclide, l'immagine è tratta dal Theatrum Arthmetico – Geometricum di Jacob Leupold (via polymath)